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Sono portato a credere che un grande insegnante sia un grande artista e che ce ne siano pochi, proprio come pochi sono i grandi artisti. Difatti, insegnare è – senza forse – la più grande delle arti perché i mediatori sono la mente e lo spirito umani (John Steinbeck). È questa la frase che mi è venuta in mente mentre scorrevo le pagine del racconto autobiografico (testimonianza di esperienze personali) Una professione? No, una passione! Bimbi, colleghi e tanto altro ancora… di Barbara Gisser (Casa editrice Youcanprint, anno di pubblicazione 2021, pagg. 190), in quanto non si può essere artisti in un’arte se non si ha la passione per quell’arte. In tutte quelle professioni in cui il processo comunicativo-relazionale costituisce la colonna portante di un percorso, non si può “fare” o svolgere quella professione, ma si deve essere – anche se l’espressione potrà sembrare esagerata – quella professione, e questo soprattutto quando i fruitori sono alunni con esigenze speciali, proprio come quelli dei quali si è occupata...


PREFAZIONE

Il libro che hai tra le mani è stato scritto da un’insegnante. Ma non è un manuale di pedagogia, anzi, non ha la benché minima pretesa di offrire regole e nozioni riguardanti l’educazione infantile. È, piuttosto, il racconto di una vita vissuta. È la testimonianza di una donna che, fin dalla più tenera età, ha avuto la chiara intuizione di voler, da grande, diventare maestra.

E lo è diventata davvero. Da subito, e senza mai ripensamenti, ha scelto di affiancare e guidare i bambini con bisogni speciali. Una scelta coraggiosa, ancor più perché presa in un’epoca – quella degli anni Settanta – in cui la società e le mentalità non erano forse ancora pronte ad accettare che anche quei bambini potessero e dovessero seguire un percorso degno e adeguato alle loro necessità. Il libro ripercorre le tappe della sua storia, professionale e umana, divisa tra due paesi, in Austria prima e in Italia poi: gli anni di studio, dalle scuole elementari fino all’Accademia pedagogica, la fatica, i tirocini, gli esami, l’entusiasmo dei primi lavori; e poi, ancora, i numerosi trasferimenti, le distanze, le tante sfide, i problemi burocratici... una vita spesso faticosa, ma sempre vissuta con grinta e positività, animata da una solida certezza di fondo: il desiderio di spendersi per i suoi bambini speciali e offrire loro una possibilità. «Mai mollare» è stato il suo motto. Mai, neppure di fronte agli handicap più gravi. Sempre ferma nella convinzione che il bene primario fosse quello del bambino, che andava custodito nella sua unicità.

La sua professione o, meglio, come lei stessa scrive, la sua passione, si è declinata attraverso tre punti cardine: la consapevolezza di chi aveva di fronte, nel rispetto dei limiti e dei talenti di ognuno; la relazione: continua e costante, conditio sine qua non per instaurare un rapporto di solida fiducia; e, infine, l’amore, vero e unico mezzo per l’ottenimento di grandi risultati.

Oltre che da ricordi personali, il libro è arricchito anche da quelli di alcuni colleghi, che hanno accompagnato l’autrice durante il suo percorso professionale. Piccoli episodi e aneddoti che testimoniano quanto e come la cooperazione e la passione possano fare la differenza. È, infatti, proprio nei volti cresciuti e nelle vite adulte di quelli che sono stati suoi alunni che è possibile apprezzare il lavoro svolto. Quel non essersi arresi, con caparbietà, di fronte alle difficoltà del quotidiano e ai mezzi spesso inadeguati che si avevano a disposizione; il non aver ceduto alla società e alla mentalità comune, che volevano marginalizzare quei bambini troppo “distanti dalla norma”, ma, piuttosto, l’aver dimostrato che è nella conoscenza e nell’accoglienza della diversità che risiede la vera ricchezza umana.


Recensione di Francesca Andruzzi  - LEGGI LA RECENSIONE da YOUCANPRINT

Laura Boni - agosto 21, 2017 

Cara Barbara, nel leggere le tue parole si viene assorbiti dai fatti narrati come in un vortice di sensazioni ed emozioni. Immediatamente sulla pelle e sul cuore la consapevolezza che ogni singola parola è stata assorbita, metabolizzata e tatuata con colori indelebili. 

Grazie per il tuo coraggio, grazie per aver insegnato a tutti noi cosa significa vivere amando la vita stessa attraverso la malattia. 

Laura Pozzar - luglio 12, 2017 

La vita difficilmente risparmia qualcuno dall'affrontare dure prove, a livello fisico o affettivo. Il libro di Barbara è una fonte di forza ed ispirazione per capire come affrontarle con tenacia, coraggio, pensiero positivo e ironia. Con un sorriso si affrontano le pagine più difficili e ci si lascia contagiare dall'energia e dalla forza dell'autrice. Conosco Barbara personalmente e so quanto è riuscita a mettere tutta se stessa in queste pagine. 

Annarita De Conti - dicembre 05, 2017 

Scrivere delle proprie emozioni nell’affrontare una grave malattia,…delle proprie paure e speranze ma anche a tratti delusioni e frustrazioni, fare un resoconto sapendo che alcuni momenti della vita è bene appuntarli su un foglio per averne coscienza e riviverli in futuro…Inizialmente Barbara Gisser questo esercizio lo ha fatto per se stessa, affrontando in modo tenace il cancro che l’ha colpita duramente privandola per diversi periodi della capacità di parlare, superata la malattia è nata spontaneamente l’idea di pubblicare la cronaca della sua toccante esperienza affinché possa essere magari un positivo riferimento per altre persone che si trovano a vivere la sua stessa condizione. Perché affrontare implica sottoporsi alle cure ed emerge la grande fiducia nella medicina e nei rapporti umani che si stabiliscono per amore o per forza nelle stanze degli ospedali, vivere la malattia può essere anche una opportunità quando porta a prendere coscienza del frenetico stile di vita nel quale ci imprigiona la società attuale, e diventa importante prendere del tempo anche per imparare nuovamente a fare le cose che sembravano banali o scontate ed erano invece importanti.

Il percorso è anche occasione di confronto con se stessi e con le questioni rimaste insolute nel corso della propria esistenza, ritornando a tratti bambini, perché si necessita di maggiori cure e attenzioni da altre persone ed anche perché è necessario uno spirito combattivo e forte quasi incosciente. Leggere il libro sarà esperienza toccante sia per le persone che trovano analogie con proprie esperienze sia per persone che non hanno mai avuto problemi di salute e potranno apprezzare maggiormente l’importanza di stare bene. Il carattere di Barbara che cita il detto “ciò che non ti ammazza ti fa più forte” la porta a rielaborare senza drammi la sua esperienza e presentare un racconto scorrevole inframezzato da disegni molto belli di Marita Picco, con in aggiunta il paragrafo finale “Alcune Riflessioni” brevi considerazioni condite di umorismo sull’approccio nei confronti delle persone ammalate di cancro. 


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